mercoledì 23 agosto 2017

35 LA CARICA DI ISBUSCENSKIJ Giancarlo Cioffi (Regio Esercito)













Giancarlo Cioffi racconta la sua esperienza di guerra con il Capitano Silvano Abba.

Cioffi ha partecipato alla leggendaria carica di Isbuscenskij.
Tornato dalla Russia a causa degli eventi dell'8 settembre rimane senza ordini e provvisoriamente con i suoi commilitoni viene congedato. Successivamente si arruola nei reparti della RSI. Inizialmente si occupa di organizzare il vettovagliamento in una caserma della GNR poi viene inviato a frequentare la scuola allievi ufficiali di Oderzo presso il collegio Brandolini. Là rifiuta inizialmente di arrendersi al CNL, poi dopo diversi incontri con militari italiani e partigiani la scuola viene chiusa. Molti allievi della scuola saranno vittime delle vendette dei gruppi partigiani. Cioffi fortunatamente riuscirà a lasciare la scuola illeso, ma non tornerà a casa a Milano dove intanto il padre è stato epurato in azienda e per lui sarebbe pericoloso farsi vedere a causa delle vendette partigiane. Andrà in Veneto dove lavorerà come rappresentante. Quando la situazione si tranquillizza torna a casa stabilmente nel '59.

Durata 98'

Scene inedite 38'

Lingua Italiano - no sottotitoli Pal 16:9 Colore/Stereo

disponibile in 3/5 giorni lavorativi





Giancarlo Cioffi (3 febbraio 1921 - 30 aprile 2019) racconta la sua esperienza di guerra con il Capitano Silvano Abba.
Cioffi ha partecipato alla leggendaria carica di Isbuscenskij.
Tornato dalla Russia a causa degli eventi dell' 8 settembre rimane senza ordini e provvisoriamente con i suoi commilitoni viene congedato. 
Successivamente si arruola nei reparti della RSI. Inizialmente si occupa di organizzare il vettovagliamento in una caserma della GNR poi viene inviato a frequentare la scuola allievi ufficiali di Oderzo presso il collegio Brandolini. 
Quando la guerra volge al termine rifiuta inizialmente di arrendersi al CNL, poi dopo diversi incontri con militari italiani e partigiani la scuola viene chiusa. 
Molti allievi della scuola saranno vittime delle vendette dei gruppi partigiani. 
Cioffi fortunatamente riuscirà a lasciare la scuola illeso, ma non tornerà a casa a Milano, per lui sarebbe pericoloso farsi vedere. Tutti conoscono il suo passato militare nella RSI.
Intanto il padre è stato epurato in azienda per motivi politici. 
Un suo commilitone Cabrini, il 5 maggio viene ucciso dai partigiani alla Bovina, col pretesto di aver seviziato bambini, ma Cioffi ha sempre smentito questa falsa accusa.
Anni dopo anche il CNL invierà una lettera di scuse alla famiglia di Cabrini, dicendo che si trattò di un tragico errore. (Sembra che ad ucciderlo fu un contendente in amore, geloso perchè una ragazza gli preferì Cabrini).
Cioffi rimasto senza questo suo amico, con cui voleva aprire una attività commerciale, si dirige da solo a Verona e nel Veneto lavorerà come rappresentante. Venderà di tutto, dai parafulmini alle lamette da barba.
Solo quando è necessario si reca a Milano ma di notte, il rischio per lui è alto, la "volante rossa" opera indisturbata in quel periodo.
Dopo si sposta a Bolzano, dal 51 al 59, quando finalmente torna a Milano con la moglie, sposata nel 49, e con i due figli Maurizio e Silvana.
Il matrimonio finisce per incomprensioni nel 1972.
Poi arriverà la seconda moglie Luisa e la terza figlia Cristiana.
Nel 2011 purtroppo perde il figlio Maurizio, a soli 56 anni, a causa di un tumore.
Cioffi stringe i denti e guarda avanti. La sua carriera procede e si afferma nell'ambito del design di mobili.
Negli ultimi anni della sua vita è l'ultimo depositario di una esperienza e di una memoria storica che lo portano a frequentare raduni e associazioni combattentistiche dove senza sosta continua a ricordare il suo Capitano, Silvano Abba. 
Non ha mai rinnegato la sua fede fascista, per lui l'Italia era quella nata nel 1922. Aveva amato quegli ideali in cui era cresciuto, aveva portato la divisa con onore, credeva nella famiglia e nella Patria.
Un uomo d'altri tempi, per alcuni ancora un nemico... per altri un esempio. Ognuno scelga in base alle proprie convinzioni...

Durata 98'
Scene inedite 38'







Giancarlo Cioffi



















Cioffi e il suo cavallo violetto










Dopo questa risposta con Cioffi ci organizzammo per incontrarci e registrare l'intervista da cui trarre il documentario. Il tramite fu l'avvocato Yuri Tartari che conosceva bene Cioffi. Ad organizzare tutto il Comandante Lorenzo Ruffini. L'intervista è stata registrata a Caronno Pertusella dove Cioffi viveva con la moglie. (Clicca per info)
C.C.



lunedì 14 agosto 2017

La vera storia dell'eccidio di Cefalonia

La vera storia dell'eccidio di Cefalonia

"A Cefalonia dopo l'8 settembre i tedeschi sterminarono la Divisione Acqui".
Questo è il messaggio trasmesso alle masse dagli anni 50 in poi.
Anche su riviste di storia militare molto note spesso si parlava degli eventi di Cefalonia in questi termini e si raccontava di 10.000 uomini fucilati.
In pratica quasi nessuno sarebbe dovuto tornare in Italia e comunque dovevano essere poche centinaia i superstiti della Divisione.
In realtà i superstiti furono migliaia, tra i caduti poi, molti non morirono a Cefalonia ma nei viaggi allucinanti che li portarono, ormai prigionieri, in Russia come manovalanza per i tedeschi come accadde a Bruno Bertoldi. (clicca per il video).





(Soldati Italiani a Cefalonia)

Ma quello che accadde veramente in quei giorni venne ricostruito da una commissione dell'Esercito Italiano inviata a Cefalonia nel dopoguerra.
Al ritorno da questo viaggio il Ten. Col. Livio Picozzi scrisse una relazione dettagliata che prese il suo nome : Relazione PICOZZI; la relazione rimase lettera morta e prese polvere per decenni negli armadi dell'Ufficio Storico fino a quando Massimo Filippini, figlio del maggiore Federico Filippini, uno degli ufficiali uccisi a Cefalonia, non la trovò e la studiò attentamente per capire meglio quale sorte incontrò suo padre. (clicca per il video).





(Sopra il Maggiore Federico Filippini)

Cosa si evince dal lavoro di Picozzi?
Intanto la relazione fu divisa in due, una parte descriveva come andarono le cose a Cefalonia e il numero dei caduti italiani e tedeschi, una seconda parte riassumeva l'attività del Capitano Renzo Apollonio, che veniva descritto come insubordinato e non come l'eroe che tutti avevano acclamato al ritorno dalla guerra.

Anche tramite l'Anpi infatti, nel dopoguerra venne montato il mito resistenziale di Cefalonia, dove secondo questa teoria si diede inizio alla "resistenza" antinazista.

Apollonio e  Amos Pampaloni erano due giovani ufficiali di artiglieria.
Il 13 settembre Apollonio, più alto in grado, contravvenendo ad ordini superiori, diede ordine di sparare contro due motozattere tedesche. Così iniziarono gli scontri tra italiani e tedeschi nell'isola. I tedeschi però erano inferiori di numero e sulle prime negoziarono. Apparentemente il gesto di Apollonio può sembrare eroico ma ad ogni azione c'è una reazione...come si vedrà poi analizzando i fatti.

Un'altra leggenda che vagola anche su qualche libro "storico" è che il Generale Gandin indette un referendum tra i suoi militari per sapere se volessero consegnare le armi o resistere ai tedeschi. Ovviamente chi dice questo non è mai stato un militare, non immagina cosa sia la disciplina militare e non tiene conto del periodo storico.


(Il Generale Antonio Gandin)

E' ridicolo pensare che in un territorio come quello di Cefalonia con batterie e uomini sparsi tra isolotti e colline, in un momento del genere un generale mandasse in giro i suoi subordinati a raccogliere adesioni per un referendum.
Semmai ci fu una consultazione tra Gandin e gli ufficiali superiori sul da farsi ma sempre nell'attesa di ordini superiori, ordini che purtroppo non arrivarono mai e i tedeschi ebbero il tempo di ottenere rinforzi per attaccare.
Anche il superstite Bertoldi ha confermato che la storia del referendum non è vera (clicca per il video) ed ha anche affermato che il capitano Renzo Apollonio collaborò con i tedeschi per salvarsi la vita. (Clicca per il video).




Bertoldi era l'autista personale del Generale Gherzi.
Va ricordato che Sia Gherzi che Gandin morirono a Cefalonia.







(Sopra Bruno Bertoldi)

Per capire quello che accadeva in quelle ore dopo l'8 settembre 1943 si può visionare questo video con la testimonianza di Michele Zucchi altro sopravvissuto a Cefalonia. (clicca per il video).




Qualche ufficiale rimase allibito dalla notizia dell'8 settembre e capì subito che sarebbe accaduto qualcosa di nefasto. Inoltre tutti sapevano che i tedeschi erano meglio equipaggiati; è vero che la Acqui poteva nell'immediato bloccare i tedeschi che erano a Cefalonia ma il timore di una risposta con l'invio di rinforzi era molto forte. (clicca per il video)


(Sopra Michele Zucchi)

Le critiche al Generale Gandin sono state molto dure ed hanno sicuramente leso la sua immagine, facendolo passare per un ufficiale mediocre che non seppe gestire la situazione. Andrebbe rivista la sua posizione alla luce di tutte le informazioni trovate in questi decenni dai vari ricercatori.
Anche tra alcuni veterani sopravvissuti c'è un astio nei confronti di Gandin che viene accusato di essere l'unico colpevole di quel che accadde. Queste accuse però nascono dal "sentito dire", dalle voci che da decenni si sono ingigantite consolidandosi come verità assolute. 
Alcuni dei soldati che denigrano Gandin nemmeno lo videro mai; nella scala gerarchica tra lui e i militari c'erano maggiori, capitani, tenenti, sottotenenti e tutti i sottufficiali...e c'era come già detto il territorio di Cefalonia, per cui alcune batterie erano isolate e lontane dall'ufficio comando.
Va inoltre tenuto conto che molti generali italiani in quelle stesse ore si trovarono nelle stesse condizioni e aspettarono ordini per diversi giorni, proprio come fece Gandin.
Arnaldo Filippi che militava nel Regio Esercito come ufficiale di complemento ricorda che anche il generale Vercellino sciolse la 4^ armata in Francia proprio il 12 settembre, dopo aver atteso invano direttive da Roma. (Clicca per il video)



Un altro punto di vista che conferma l'accaduto e riabilita Gandin è anche quello di  Mario Sorrentino (Clicca per il video) che l'8 settembre era in Sardegna come sottotenente del corpo automobilistico del Regio Esercito. Il Generale Basso in quelle ore decise di NON attaccare i tedeschi, contravvenendo a un ordine, sapendo che in caso di scontro le sue truppe avrebbero avuto la peggio. Dopo la guerra fu processato per insubordinazione ma successivamente scagionato. 




Gandin al contrario di Basso andò incontro a un altro destino.

La gestione dell'armistizio, annunciato l' 8 settembre, in realtà fu la causa di tutti i mali. 
Questo viene detto da molti veterani di diverse armi e specialità che si trovarono nel caos totale dopo la fatidica data. Qui è possibile visionare le testimonianze del Generale di Squadra Aerea Oreste Genta, Del Generale di Squadra Aerea Umberto Bernardini, e dell'Ammiraglio Gino Birindelli. (Clicca sui nomi per visionare i video)

Il 15 settembre a Cefalonia iniziarono gli scontri. Questa volta però i tedeschi erano coadiuvati dall'aeronautica con gli Stuka che decimarono i ragazzi della Acqui. (Clicca per il video)


Molti italiani dopo i combattimenti con i tedeschi furono catturati e imbarcati su alcune navi per essere trasportati verso Atene. Tre navi furono affondate e in quegli affondamenti morirono altre migliaia di italiani. Anche Michele Zucchi era su una delle navi che affondarono ma per sua fortuna venne raccolto da un'altra nave in navigazione. (clicca per il video).

Il viaggio da Atene alla Jugoslavia fino alla Russia fu per molti di loro un vero inferno lo testimonia anche Alberto di Bernardini altro reduce della Divisione Acqui. (clicca per il video).


(Sopra Alberto Di Bernardini)

L'avvocato Massimo Filippini riassume in questo video il suo pensiero sull'Eccidio di Cefalonia suscitando anche molte polemiche.
Va però ricordato che il primo a trovare la relazione Picozzi e molte altre fonti documentate sul tragico evento storico fu proprio lui. (clicca per il video).





(Sopra l'Avvocato Massimo Filippini)

La bibliografia sull'argomento è molto ampia e man mano che passano gli anni tutti i ricercatori si avvicinano sempre più ai dati della relazione Picozzi o quelli che Massimo Filippini ha reso noti sia su pubblicazioni che in molte conferenze, smentendo cifre e leggende che fino ad oggi sono passate per verità assolute, come il numero dei morti per mano dei tedeschi che risulta anche sulla targa esposta nell'isola sul monumento ai caduti. (clicca per il video).
Purtroppo tutto questo non riporta in vita i caduti di Cefalonia ma avvicinarsi il più possibile alla verità e riuscire a capire chi mantenne un comportamento leale e chi no renderà giustizia a molti.





(la targa sul monumento ai caduti di Cefalonia)


Il parroco Don Luigi Ghilardini che era a Cefalonia già nel 1953 scrisse "I martiri di Cefalonia".
Di Cefalonia poi ne hanno parlato un po' tutti, sia parenti di militari deceduti nell'isola (o in prigionia) sia storici noti come Giorgio Rochat nel suo libro "La Divisione Acqui a Cefalonia : settembre 1943".
Va ricordato che lo stesso Massimo Filippini ha pubblicato ben tre libri sulla vicenda della Divisione Acqui.
Una delle ultime pubblicazioni su Cefalonia è di Elena Aga Rossi; nel suo libro la figura di Apollonio esce ridimensionata come anche il mito resistenziale che fino ad oggi ammantava le vicende della Divisione Acqui e molti altri fatti tra cui il numero degli italiani fucilati dai tedeschi.
Per questo ha suscitato molte polemiche, in vista del premio Acqui storia, dove l'opera della Aga Rossi è tra i lavori finalisti. (Per acquistare il libro clicca qui)
Inoltre sul tema si trovano numerosi blog e siti gestiti da parenti di reduci o appassionati di storia militare dove, più o meno, ci sono informazioni verificate.




La filmografia sui fatti di Cefalonia  non è grandissima e forse con il tempo crescerà.
Carlo Lizzani ricordò nella sua autobiografia che un film su Cefalonia già nell'immediato dopoguerra attirava molti registi e produttori ma la produzione era di difficile attuazione a causa di una forte censura sull'argomento.
Guido Aristarco e Renzo Renzi pubblicarono un soggetto cinematografico dal titolo "l'armata Sagapò" ma furono arrestati perchè la storia era, secondo i censori, lesiva dell'onore del soldato italiano.
Lizzani inseguì l'idea di fare un film sulla vicenda per anni.
In particolare, scrisse Lizzani, c'era un soggetto scritto da Salvatore Laurani che arrivò sulle scrivanie di molti registi come Vancini, Blasetti, Rossellini, De Santis e lo stesso Lizzani ma non se ne fece mai nulla, perché, sia il Ministero del turismo e spettacolo che il Ministero della Difesa impedirono con una censura preventiva qualsiasi sviluppo del progetto.
Sempre secondo Lizzani in quegli anni con la Germania che si stava reinserendo nel sistema difensivo Europeo, mostrare i tedeschi in divisa nazista non era in linea con la realpolitik imperante.
Ci pensarono gli Stati Uniti, una cinquantina di anni dopo, a realizzare finalmente un film sulla Divisione Acqui, molto noto, più che altro per la partecipazione di Nicolas Cage e Penelope Cruz : "Il mandolino del Capitano Corelli" (2001).
Sempre nel 2001 una produzione italiana di modeste possibilità realizzò "I giorni dell'amore e dell'odio" (2001), con Ricky Tognazzi nella parte del Generale Gandin; il film  riscosse più critiche che consensi.
Pochi anni dopo sono state realizzate due puntate per la RAI TV dal titolo "Cefalonia" (2005) con  Luca Zingaretti. 
Più abbondante la filmografia riguardante documentari e servizi televisivi, tutti facilmente rintracciabili nei siti ufficiali della Rai tv o in internet.

Disponibili in Dvd anche tre testimonianze di veterani del Regio Esercito che erano a Cefalonia (clicca sui titoli per le info) :




C.C.









lunedì 31 luglio 2017

Miyamoto Musashi


La vita di Musashi non è facile da ripercorrere perchè le leggende narrate su di lui dopo la sua morte si sono intrecciate alla realtà storica, inoltre mancano fonti scritte che possano confermare le storie che lo riguardano.  
Anche la data della sua nascita è incerta, intorno al 1584, mentre è ormai sicuro che studiò le basi della scherma con il padre che era un samurai noto.
La data della sua morte è il 1645. Questa data è sicura perchè vi furono diversi testimoni che la confermarono e successivamente vennero edificati dei monumenti funebri a ricordarla. 
Per gli storici è più semplice ripercorrere la sua vita fino al duello che lo ha reso famoso, contro Sasaki Kojiro, anche se ci sono fonti contrastanti sulle sue vittorie nei duelli. E' più difficile trovare fonti certe su quel che fece immediatamente dopo il duello con Kojiro. Si trovano invece sufficienti notizie sulla sua vecchiaia.

(Sopra presunto autoritratto di Musashi)


Sembra che da ragazzo partecipò alla battaglia di Sekigahara il 21 ottobre del 1600, battaglia che fu decisiva per le sorti politiche del Giappone. Musashi combattè nella fazione che perse, quella di Toyotomi. Sulla sua partecipazione alla battaglia non ci sono prove certe, Musashi stesso parlando del suo passato disse di aver partecipato a delle battaglie ma non nominò mai Sekigahara.


(Rappresentazione della battaglia di Sekigahara)

Dopo Sekigahara iniziò a viaggiare per il Giappone in cerca di sfide. Musashi stesso affermò di aver vinto oltre 60 duelli.
Le più forti critiche verso Musashi nacquero perché uccise in un duello un esponente della scuola Yoshioka che era solo un adolescente di tredici anni. Va però detto che l'esponente della Yoshioka in quell'occasione non era solo, ma scortato da decine di samurai, inoltre Musashi stesso vinse il suo primo duello a 13 anni contro un samurai adulto di nome Akiyama.

Sul duello più famoso che vinse contro Kojiro esiste un forte dibattito tra gli storici. Qualcuno insinua che a vincere sia stato Kojiro, detto Ganryu: l'isola dove venne tenuto il duello oggi si chiama Ganryujima "l'isola di Ganryu" e in molti trovano strano che al luogo dell'incontro venga dato il nome del perdente. Tuttavia qualcuno ipotizza che il nome deriverebbe dalla versione abbreviata del toponimo "l'isola dove è morto Ganryu" o 'l'isola della morte di Ganryu". Sono comunque assolutamente preponderanti gli scritti che danno Musashi vincitore, così come tutta la tradizione orale e le leggende successive all'evento.


(Nell'isola di Ganryu una statua ricorda ancora oggi il duello tra Musashi e Kojiro)


Si dice che Musashi fosse mancino e abile nel lancio dei coltelli, tecnica denominata Shuriken. Vinse un duello con un adepto esperto nell'uso del Kusari-gama, Shishido Baiken, lanciandogli la spada corta. C'è un monumento funerario che reca una scritta che conferma la sua abilità nel lancio di spada e pugnali.
Divenne noto per l'utilizzo di due spade contemporaneamente. Molto spesso combattè i suoi duelli con spade di legno chiamate Bokken.



(Rappresentazione di Musashi che impugna due spade)

La leggenda afferma che sia stato educato dal monaco Takuan: tuttavia non è stato così, dato che i due non si sono mai incontrati e comunque non ci sono fonti che provano questo incontro semmai ci sia stato.


(Un disegno che ritrae Takuan Soho)

Si sa che non si sposò, ma adottò tre figli, l'ultimo dei quali in tarda età. Uno divenuto samurai si suicidò alla morte del suo signore, secondo le regole del tempo. Musashi non riuscì a diventare maestro di spada per lo shogun, dato che un altro samurai venne scelto al suo posto.

In vecchiaia, diede diverse dimostrazioni della sua abilità. Non uccideva più gli avversari, e li fronteggiava sempre con un bokken. 

Era un valente pittore e scultore ed edificò giardini in alcune cittadine. Ha lasciato due opere scritte, la più nota è Libro dei cinque anelli, arrivato a noi grazie a due suoi allievi, infatti Musashi dopo averlo scritto ordinò di bruciarlo, ma i due suoi allievi che lo lessero lo trascrissero a sua insaputa.


(Un opera di Musashi che si firmava NITEN)

Chiamò la sua scuola di scherma la scuola dei due cieli (Niten). Era diventato molto famoso dopo il duello con Kojiro e molti giovani lo seguivano nei suoi viaggi per il Giappone. Si stima che alla sua morte avesse almeno tremila studenti che studiavano sotto di lui, oppure sotto la guida di suoi allievi diretti; ancora oggi in Giappone ci sono molte scuole che derivano dalla sua. 


(Un opera di Musashi che si firmava NITEN)

In italia la sua opera IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI fu editata per la prima volta dalla casa editrice Edizioni Mediterranee di Giovanni Canonico e tradotta da Luigi Coppè. (clicca per il video)



Nell'edizione italiana sono stati allegati anche dei disegni dell'illustratore e Maestro di Aikido Oscar Ratti.
Il libro è stato tradotto in molte lingue ed è molto diffuso in tutto il mondo.


La figura di Musashi ancora oggi ispira film, serie tv, film di animazione, romanzi e fumetti.
In Giappone è stato interpretato da numerosi attori tra cui anche Toshiro Mifune nel 1954 diretto da Hiroshi Inagaki che fece una trilogia di film su Musashi. Il primo episodio della trilogia vinse l'Oscar per il miglior film straniero. I tre film si basano sul romanzo di Eiji Yoshikawa.


(Eiji Yoshikawa)


(Il regista Hiroshi Inagaki)


(Toshiro Mifune)

Sono stati realizzati molti film su Musashi anche prima che lo facesse Inagaki nel 1954. Alcuni sono film muti datati 1908.

Musashi continua a ispirare anche molti autori di manga e negli ultimi anni sicuramente l'opera più rilevante anche per la sua lunghezza è Vagabond di Takehiko Inoue. L'opera di Inoue si basa sul romanzo di Eiji Yoshikawa.


(Musashi disegnato da Takehiko Inhoue)

La bibliografia su Musashi è vasta e di anno in anno si ingrandisce. Tra i libri che ne ripercorrono la vita cercando di discernere la leggenda dalla realtà storica sicuramente due dei più validi sono Vita di Musashi e Musashi e le arti marziali giapponesi di Kenji Tokitsu - Luni editrice.
William Scott Wilson ha scritto il libro biografico The Lone Samurai uscito in italia con la casa editrice Mediterranee con il titolo Il samurai solitario.
Per quanto riguarda i testi antichi oltre a quelli scritti dallo stesso Musashi, il Libro dei cinque anelli e il Dokkodo (la via da seguire da soli, una serie di precetti più che un libro) esiste anche le cronache dei due cieli, o Nitenki.
Questo libro è una cronaca della vita di Musashi scritta da un suo allievo Toyoda Seigo per cui va considerato il fatto che molto spesso non è attendibile o meglio propende ovviamente per Musashi. 
Toyoda iniziò a redigere il Nitenki nel 1712 oltre 60 anni dopo la morte di Musashi.

C.C.





domenica 30 luglio 2017

25 IL PILOTA DELLA CROCE DI FERRO Mario Aimi (Regia Aeronautica)








Mario Aimi classe 1915,  narra la sua avventura nella Regia Aeronautica come ufficiale pilota di complemento. Dalla scuola di pilotaggio di Foggia viene inviato in Africa Settentrionale con i Ca311 e poi con i Cr 42 agli ordini di Ferruccio Vosilla. Partecipa a molte missioni ricevendo anche una croce di ferro tedesca di seconda classe. Torna in Italia e continua la sua attività volando su il G50 e brevemente su il Re 2002. Viene inviato in perlustrazione in Sicilia quando gli alleati si avvicinano per lo sbarco. La contraerea italiana sparando verso una formazione di bombardieri americani rischia di colpire Aimi e il suo gregario, ma per fortuna i due rientrano alla base incolumi. L'8 settembre Aimi non aderisce all'Aeronautica della RSI perchè ferito ad una gamba. Lavora presso la Ducati come montatore ottico, sui binocoli BIMAR. Quando finalmente la guerra termina torna a Modena, ma per lui, reduce di guerra pluridecorato anche con una croce di guerra tedesca, le cose non sono facili a causa delle vendette dei partigiani comunisti. Parte per l'Argentina dove tenta di lavorare come pilota civile a Buenos Aires ma non riesce per motivi burocratici.
Torna a Modena e finalmente riesce a tornare in possesso della sua casa che nel frattempo era stata occupata da civili scampati ai bombardamenti alleati. 
Lavorerà in seguito come insegnante.

Durata 74 minuti - Scene Inedite 33 minuti 

Colore/stereo Lingua Italiano - no sottotitoli








VLASTA VANEK E MARIO AIMI

Il 28 luglio si è spenta Vlasta Vanek campionessa nazionale di tuffi della Gioventù del Littorio. Nata a Bolzano il 28 marzo del 1921 aveva conosciuto Mario Aimi quando lui era ufficiale pilota della Regia Aeronautica. 



Vlasta e Mario Aimi

Vlasta gareggiava anche nei 200 metri piani. Con Mario Aimi vissero 74 anni insieme ed ebbero quattro figli.


Vlasta sul podio

Vlasta e Mario

Mario Aimi


La famiglia Aimi









martedì 25 luglio 2017

ALESSIO OLSOUFIEFF - DARIA BORGHESE E JUNIO VALERIO BORGHESE


Alessio Olsoufieff




I figli di Alessio Olsoufieff
e il veterano della battaglia di Capo Bon
Angelo Angelini


Angelo Angelini e il nipote di Junio Valerio Borghese


Alessio Olsoufieff la moglie e il figlio Paolo


Alessio Olsoufieff 





JUNIO VALERIO BORGHESE





 Storia degli assaltatori della Regia Marina


Junio Valerio Borghese sposò Daria Olsoufieff che discendeva da una famiglia nobile russa.
Probabilmente la famiglia aveva origini caucasiche. Eva Olsoufieff era nella corte di Pietro il Grande.
Adam Olsoufieff, figlio di Eva, divenne segretario dell'imperatrice Caterina II.
Adam ebbe molti figli. Gli Olsoufieff vivevano sia a San Pietroburgo che a Mosca. 
Dimitri Olsoufieff ricevette nell'800 il titolo nobiliare di conte dallo Zar Alessandro II.
Dimitri era stato anche sindaco di Mosca. 
Gli Olsoufieff fuggirono dalla Russia durante la rivoluzione del 1917.
Vasilij Olsoufieff si rifugiò prima in Georgia e poi in Italia dove aveva dei possedimenti a Firenze.
Là si stabilì con la moglie Olga e i 5 figli, tra cui Daria la futura moglie del principe Junio Valerio Borghese. 
I figli di Vasilij erano comunque nati tutti a Firenze perchè la moglie Olga aveva una levatrice di fiducia fiorentina. 
Le figlie di Vasilij sposarono tutti giovani della nobiltà italiana, Busiri Vici, Borghese, Michahelles, Corsini. 
L'unico maschio era Alessio che entrò nella Regia Accademia Navale di Livorno e diventò ufficiale. Sposò Marcella Ferrari Conti.
Durante la guerra Alessio Olsoufieff morì durante lo scontro di Capo Bon. (Clicca per il video)

C.C.


Daria Borghese scolpisce un busto di suo marito